IL TRIBUNALE

    Ha  prununciato  la  seguente ordinanza nel procedimento iscritto
come in epigrafe, vertente tra:
        Di  Fraia  Scipione Vincenzo, rappr.to e difeso dagli avv. E.
Viggiano e L. Grasso; e
        IPOST  -  Istituto  Postelegrafonici  - Gestione Commisariale
Fondo  Buonuscita  Poste Italiane S.p.a., rappr.to e difeso dall'avv.
D. Buzzelli;
    Ritenuto, in fatto, che:
        con  ricorso  depositato  il  3  marzo  2005  il Di Fraia, ex
dipendente  di  Poste  Italiane  S.p.a.  da  epoca  precedente  al 28
febbraio  1998,  cessato  il 31 luglio 2000, ha convenuto in giudizio
l'IPOST,  chiedendo,  in  via  principale, la rivalutazione, ai sensi
degli   artt. 429   c.p.c.   e  150  d.a.c.p.c.,  dell'indennita'  di
buonuscita  percepita all'atto della cessazione del rapporto nel mero
importo maturato alla data del 28 febbraio 1998;
        a  fondamento  della  domanda, il Di Fraia ha dedotto (qui in
breve):
          a)  che  ai  sensi  dell'art. 2120  c.c. il TFR accantonato
riceve, in corso di rapporto, una indicizzazione annua prevista dalla
medesima disposizione;
          b)  che  la  rivalutazione  del  TFR  mira  doverosamente a
salvaguardare il lavoratore dagli effetti negativi della svalutazione
delle  somme  accantonate,  e  destinate  ad  essere pagate solo alla
cessazione  del  rapporto,  ed  a  impedire che il datore lucri senza
giustificazione su somme che restano nella sua disponibilita' ma sono
destinate al lavoratore;
          c)  che  in effetti, malgrado la continuazione del rapporto
alla  data  di  trasformazione  in  S.p.a.  dell'ex  Ente  Poste,  la
disciplina  legale  di erogazione dell'indennita' di buonuscita opera
come  se  la  relativa  somma maturasse al 28 febbraio 1998, cosa che
dovrebbe  consentire  l'applicazione  degli  artt. 429  c.p.c.  e 150
d.a.c.p.c.;
          d)  l'indennita'  di  buonuscita  ha natura di retribuzione
differita,  cosa  che  additerebbe  a  violazione di Cost. 36 e 38 la
possibilita' che essa sia erogata a distanza di anni o addirittura di
decenni senza alcuna forma di adeguamento al valore della moneta;
          e) tale eventualita' violerebbe Cost. 3 e 97 per violazione
del principio di uguaglianza;
          f) al piu' dovrebbe trovare applicazione analogica l'art. 5
della   legge   n. 297/1982,   che,  nel  disciplinare  il  passaggio
dall'indennita'  di anzianita' al TFR, ebbe a stabilire che l'importo
dell'indennita' di anzianita' maturato al 31 maggio 1982 si cumulasse
col TFR, cosa che consente ai lavoratori privati (quale, tra l'altro,
egli  era)  l'operare,  sull'indennita'  di anzianita' maturata al 31
maggio  1982,  del meccanismo di indicizzazione annua previsto per il
TFR;
        che   si   e'  costituito  l'IPOST,  contestando  in  diritto
l'avversa pretesa nel merito;
    Ritenuto, in diritto:
        che l'art. 53, comma 6, della legge n. 449/1997, ha stabilito
che ai dipendenti dell'ex Ente Poste Italiane, spetta:
            a)  fino  alla data di trasformazione dell'Ente in S.p.a.
(poi  avvenuta  il  28  febbraio  1998),  l'indennita'  di buonuscita
maturata,  calcolata secondo la disciplina previgente (che era quella
prevista per il personale statale dall'art. 3 del d.P.R. n. 1032/1973
e s.m.;
            b) dalla data di trasformazione, il TFR;
        che  non v'e' dubbio, ad avviso del giudicante, ne' appare in
alcun  modo  controverso  ne'  in  dottrina ne' in giuriprudenza, che
entrambi  i trattamenti vanno erogati al momento della cessazione del
rapporto.  Il  dies  del  28 febbraio  1998 segna, invero, la data di
passaggio  («a  decorrere  dalla  data»)  dal  regime giuridico della
buonuscita  a  quello  del  TFR e non la data in cui la buonuscita va
concretamente  erogata.  D'altro canto le norme sulla buonuscita sono
chiare  nel  senso che questa va erogata alla cessazione del rapporto
(secondo   la  sua  funzione,  latu sensu,  previdenziale,  ossia  di
retribuzione,   si',   ma   differita,   in   quanto   destinata   al
soddisfacimento  di  esigenze che si producono dopo la cessazione del
rapporto)  e  tale  evento non e' certo avvenuto il 28 febbraio 1998,
nel  quale si e' solo operata una trasformazione giuridica del datore
di lavoro. Ne' altrimenti puo' argomentarsi dal tenore testuale della
disposizione,  che  individua  il  28  febbraio  1998 quale giorno di
decorrenza  (del  nuovo  regime)  e  non  quale giorno di maturazione
(della «vecchia» buonuscita);
        che  peraltro  neanche  il ricorrente pone a fondamento della
domanda  un  preteso  ritardo  nel  quale  IPOST  sarebbe incorso nel
corrispondere la buonuscita, limitandosi a lamentare che essa non sia
stata    indicizzata    nelle    more    tra    il    momento   della
trasformazione/cessazione   del   regime  (28  febbraio  1998)  e  la
cessazione del rapporto (31 luglio 2000);
        che la norma non prevede alcun meccanismo di adeguamento, nel
tempo,    dell'indennita'   di   buonuscita   quale   gia'   maturata
definitivamente,  in cifra, alla data del 28 febbraio 1998, ma ancora
non esigibile fino alla cessazione del rapporto;
        che gli artt. 429 c.p.c. e 150 d.a.c.p.c. non possono trovare
applicazione, perche' richiedono che il diritto sia maturato, e cioe'
sia  divenuto  esigibile,  cosa  che  non puo' dirsi avvenuta, per la
buonuscita, fino alla cessazione del rapporto;
        che  l'art. 2120  c.c.  non puo' trovare applicazione perche'
l'art. 53,  comma  6  e'  chiaro  nel  prevedere che la buonuscita si
calcola  secondo  la «vecchia» normativa pubblicistica, e non secondo
l'art. 2120  c.c.  D'altro  canto  il  meccanismo  di  indicizzazione
previsto  per  il  TFR  in  corso di rapporto, tra l'altro per niente
identico  a  quello di cui agli artt. 429 c.p.c. e 150 d.a.c.p.c., si
palesa   strutturalmente   incompatibile   con   la  struttura  della
buonuscita,   che,   come   noto,   si   calcola  non  gia'  mediante
accantonamenti    annui    (sui    quali,   nel   TFR,   si   calcola
l'indicizzazione),    ma    moltiplicando   una   quota   dell'ultima
retribuzione annua per gli anni di servizio utili;
        che  l'art. 5  della  legge  n. 297/1982  non  possa  trovare
l'applicazione  analogica  in  realta'  ritenuta  possibile in alcuni
precedenti  di  merito  prodotti, perche' la ricerca nell'ordinamento
della  norma  analoga e' lecita e doverosa quando nell'ordinamento vi
sia  una  lacuna,  ossia  non vi sia la regola specifica regolante il
caso  concreto  («Se  una controversia non puo' essere decisa con una
precisa  disposizione»:  art. 12 preleggi). Qui le regole ci sono, ed
il loro combinato disposto, dato da:
          a)  l'art. 53, comma 6, della legge n. 449/1997, per cui ai
dipendenti   di   Poste   spetta,  per  il  periodo  precedente  alla
trasformazione,  l'indennita'  di  buonuscita  calcolata  secondo  la
normativa vigente prima del 1° marzo 1998;
          b)  l'art. 6,  comma  7,  della  legge  n. 71/1994, per cui
l'Ipost applica le norme previste per il personale statale;
          c)  l'art. 1  del d.P.R. n. 1032/1973, per cui l'indennita'
di buonuscita matura alla cessazione del rapporto;
          d)  l'art. 429  c.p.c.,  per cui gli accessori decorrono da
quando il diritto matura;
esclude  che  in  materia vi sia una lacuna, e lascia concludere che,
secondo  l'ordinamento,  la buonuscita «maturata» al 28 febbraio 1998
(in  realta'  si  tratta di una maturazione meramente contabile ed in
senso  atecnico)  non  produce  accessori  fino  alla  cessazione del
rapporto.  Una  lacuna  e' quindi ravvisabile solo postulando che una
qualche    forza    di    indicizzazione    (in   senso   lato)   sia
costituzionalmente necessaria;
    Ritenuto che cosi' e', giacche':
        a)  e' ormai pacifico, nella giurisprudenza costituzionale (a
partire da Cort. cost. n. 243/1993) che la buonuscita Ipost ha natura
di  retribuzione  differita,  ed e' quindi soggetta a Cost. 36, ed al
conseguente sindacato di adeguatezza/proporzionalita'
        b)  il  congelamento  alla  cifra  maturata  alla data del 28
febbraio 1998 di una somma a pagarsi solo al termine della cessazione
del  rapporto,  che  puo'  anche  avvenire  a  distanza di decenni, e
prevedibilmente  soggetta  al  notorio  fenomeno  della svalutazione,
svuota progressivamente il valore reale dell'indennita' prestandosi a
ridurla a misura obiettivamente modesta, se non inconsistente;
        c)  il  Giudice  delle  leggi  ha piu' volte affermato (Cort.
cost. n. 459/2000, 207/1994, 76/1981, 161/1977, 13/1977), seppure con
riguardo  all'art. 429 c.p.c. (che riguarda i crediti maturati, ossia
esigibili)  che  l'operativita' automatica e «speciale» di meccanismi
di   adeguamento  monetario  di  crediti  di  lavoro  attua  principi
costituzionali  (Cost.  1,  3  cpv,  4,  34,  36), soddisfacendo, tra
l'altro,  alla  necessita'  di  salvaguardare  il  valore  reale  dei
compensi,   dal  quale  dipende  l'adeguatezza  degli  stessi,  e  di
garantire  il  riequilibrio  delle  prestazioni  del  lavoro  e della
retribuzione, che viene leso se al datore resta consentito di lucrare
sulla  fruttiferita'  del  denaro  nelle  more  della maturazione del
credito;
        d)  nel  caso,  qui  ricorrente, di credito gia' maturato nei
suoi  presupposti costitutivi, ma ancora non esigibile, tali esigenze
paiono porsi in modo del tutto simile, se non identico;
        e) con riguardo a Cost. 3, il segnalato fenomeno realizza una
disparita'  di  trattamento  del  tutto ingiustificata non solo tra i
lavoratori delle Poste e gli altri dipendenti privati (che godono sul
TFR,   nonche'  sull'indennita'  di  anzianita'  quale  eventualmente
«maturata»  alla  data  del  31  maggio  1982,  malgrado  non  ancora
esigibili,  di  un  meccanismo  di indicizzazione annua) ma anche tra
lavoratori delle Poste, che, a pari retribuzione e pari anzianita' di
servizio  alla  data  del  28  febbraio  1998,  percepiscono,  per il
servizio  prestato  fino  a detta data, la stessa somma in cifra, sia
che  siano cessati proprio il 28 febbraio 1998, sia che siano cessati
o  cessino  mesi,  anni  o decenni dopo, quando la stessa cifra ha un
valore reale che puo' essere anche sensibilissimamente diverso;
        f)  che  alla fondatezza della questione non possono apparire
fondate  ragioni di compatibiita' finanziaria, apparendo evidente che
la   normale   attitudine   del  denaro  a  produrre  frutti  civili,
particolarmente  doverosa,  da  mettersi  in  pratica,  per  un  ente
pubblico   quale   l'Ipost,  deve  ritenersi  idonea  a  fondare  una
ragionevole presunzione che i contributi accantonati abbiano prodotto
ulteriore  ricchezza,  la  cui  appropriazione appare peraltro allora
ulteriormente ingiustificata;
    Che  pertanto appare non manifestamente infondata, in riferimento
agli  artt. 3  e  36 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 53,  comma 6, della legge 27 dicembre 1997,
n. 449, nella parte in cui non prevede alcuna forma di indicizzazione
o  adeguamento monetario per l'indennita' di buonuscita maturata alla
data di trasformazione dell'Ente Poste in societa' per azioni, per il
periodo corrente tra detta data e la cessazione del rapporto;
    Che  questione  appare  altresi'  rilevante, giacche', per quanto
premesso,  la  domanda  attorea,  se  la  norma e' costituzionalmente
legittima,   dovrebbe  essere  presumibilmente  giudicata  infondata;
mentre   l'accoglimento  della  questione  consentirebbe  la  ricerca
nell'ordinamento della norma da applicare per colmare la lacuna quale
prodottasi dalla invocata pronuncia;